Tribunale di Brindisi
Tutto nasce da un ricorso presentato da una madre nei confronti dell’ex compagno. La donna, tramite il suo legale, ha domandato di disporre l’affidamento condiviso della minore, con residenza presso casa della madre, imponendo al padre il versamento mensile di 700 euro per il mantenimento, oltre al 70% delle spese straordinarie.
Il padre, assistito dall’avvocato Giuseppe Angiuli, si è opposto facendo presente che dal 2013, vede assiduamente la figlia, quasi due settimane ogni mese, provvedendo in tutto e per tutto economicamente al suo mantenimento. Alla luce di ciò, questo padre ha chiesto di avere con sé la bambina in “misura prevalente” e di rigettare la richiesta di mantenimento.
Durante l’udienza, le parti si sono accordate su questa modalità di affidamento condiviso e, dunque, è stato disposto che padre e madre vedranno la figlia in tempi paritari, e durante la permanenza della stessa, ognuno di loro si farà carico di tutto ciò di cui la piccola ha bisogno. Per quanto riguarda il mantenimento, considerata la differenza reddituale, il padre dovrà versare mensilmente alla madre una somma di 300 euro al mese con il 60% di spese straordinarie da concordare preventivamente.
Il Tribunale di Brindisi, dunque, ha riconosciuto a ciascuno dei genitori il pieno diritto di vivere la sua relazione col figlio minorenne in totale parità, sia per quanto concerne il tipo di relazione genitoriale, sia dal punto di vista economico: “pertanto, secondo i giudici pugliesi, non sarebbe corretta quella diffusa prassi, seguita dalla maggior parte dei Tribunali italiani, tendente a stabilire il cosiddetto collocamento prevalente del minore presso uno dei genitori (solitamente la madre)”.
Quale conseguenza di una siffatta concezione in tema di affido, il Tribunale di Brindisi attribuisce una valenza generale alla regola del mantenimento diretto, superando la tradizionale forma dell’assegno di mantenimento in denaro che storicamente uno dei coniugi (generalmente il padre) versava al coniuge collocatario (generalmente la madre).
Dunque, questo padre potrà condividere lo stesso tempo che la figlia condivide con sua madre, intervenendo direttamente al suo mantenimento. Un precedente importante questo che potrà aprire la strada a tanti di quei genitori in lotta per l’affidamento e il mantenimento dei figli.
Ma ci sono pronunce in senso contrario
La Suprema Corte è di recente intervenuta sulla questione, con ordinanza n. 4060 del 15 febbraio 2017, prendendo spunto dalla richiesta di un genitore di modificare il regime di affidamento alternato, originariamente concordato, con un affidamento condiviso con collocazione prevalente. La Cassazione, in particolare, ha dato atto del limitato utilizzo in Italia dell’affidamento alternato, riconoscendo che lo stesso “…tradizionalmente previsto come possibile dal diritto di famiglia italiano, è rimasto una soluzione di limitate applicazioni, essendo stato ripetutamente affermato che esso assicura buoni risultati quando non vi è un accordo tra i genitori e tutti i soggetti coinvolti, anche il figlio, condividono la soluzione”. Ad avviso della Corte, inoltre, l’affidamento alternato, comportando una modifica continua della propria casa di abitazione, potrebbe avere “…un effetto destabilizzante per molti minori”.
In conclusione, pertanto, la Suprema Corte appare voler limitare l’affidamento alternativo ad un accordo in tal senso tra i genitori e ad una volontà favorevole del minore, manifestando un evidente pregiudizio al ricorso privilegiato alla c.d. “shared residence” ogni qualvolta vi sia tensione e difficoltà di cooperazione trai genitori.