Minori: casa coniugale obbligatoria

Corte di Cassazione, sentenza n. 43292/2013. IL CONIUGE SEPARATO NON PUÒ TRASFERIRSI IMPEDENDO ALL’ALTRO LA FREQUENTAZIONE DEL FIGLIO.

La madre di una minore non può vivere in Sicilia se la casa coniugale e l’ex marito stanno a Trento.La Corte di cassazione, con la sentenza n. 43292, ha confermato la condanna per la mancata esecuzione dolosa degli obblighi del giudice (articolo 388 del codice penale) nei confronti della ricorrente, madre di una bambina di otto mesi, che aveva pensato di mettere più strada possibile tra lei e il suo ex marito andando a vivere in un paese dell’estremo sud mentre il padre della piccola viveva in una città dell’estremo nord. Questo malgrado l’esistenza di un provvedimento presidenziale in cui veniva specificato che la bambina doveva vivere nella casa coniugale in provincia di Trento, presso la madre,mentre il padre aveva il diritto di farle visita anche durante la settimana.

Una scelta fatta in considerazione dell’interesse della neonata a non interrompere il rapporto con il proprio genitore, per evitare «l’irreparabile pregiudizio potenzialmente derivante alla stessa all’assenza di continuità e costanza nella frequentazione paterna».

La Cassazione si trova d’accordo con i giudici di merito che avevano preso le distanze dalla tesi della difesa della donna che parlava di imposizione “coatta” di una residenza alla madre, affermando al contrario la preminenza «dell’interesse di una bambina di otto mesi, che, allontanata per lunghi periodi dalla figura paterna, ben può patire effetti irreversibili nel rapporto con il genitore».

Fiacchi anche i tentativi di affermare l’impossibilità di eseguire gli obblighi del tribunale per un problema di competenza territoriale tra il giudice siciliano e quello trentino.

La Cassazione spiega, infatti, che il luogo di consumazione del reato, coincide con il luogo dell’inottemperanza all’obbligo di consegna della figlia al padre perché diversamente si darebbe modo alla parte inadempiente, di scegliersi il giudice.

Ancora peggio va quando la “fuggiasca” afferma la correttezza del suo comportamento.

Secondo la ricorrente il reato sarebbe stato ingiustamente contestato, perché lei si era limitata a trasferirsi in un’altra città senza mettere in atto nessuna azione per impedire al padre di esercitare il suo diritto a far visita alla figlia.

La Cassazione ricorda che il reato per il mancato rispetto degli obblighi del giudice scatta per «qualunque atteggiamento dal quale deriva una frustrazione delle legittime pretese altrui, ivi compresi gli atteggiamenti di mero carattere omissivo,quando questi siano finalizzati ad ostacolare ed impedire di fatto l’esercizio del diritto di visita e di frequentazione della prole (sentenza 33719/2010)